L’ ostruzione ureterale è una patologia di frequente riscontro nel gatto e può presentarsi in forma monolaterale o bilaterale. La causa ostruttiva più comune sono i calcoli urinari, in particolare di ossalato di calcio, ma altre eziologie sono conosciute, fra cui stenosi ureterali congenite o acquisite, infezioni, ectopie ureterali, legatura iatrogena dell’uretere, fibrosi retroperitoneale post- trapianto e neoplasie. In corso di ostruzione ureterale si instaura un danno renale acuto come risultato dell’aumentata pressione nella pelvi renale e nell’uretere che riduce il flusso ematico renale e la GFR (Glomerular Filtration Rate).
I segni clinici sono aspecifici e includono letargia, disappetenza, vomito, poliuria e polidipsia, dolore addominale e dimagramento. In alcuni casi sono riportati segni più comuni in patologie delle basse vie urinarie come ematuria, stranguria, pollachiuria, incontinenza urinaria o urinazione inappropriata.
Il sospetto diagnostico può essere emesso in base ad anamnesi, segni clinici ed alterazioni agli esami ematici ed urinari di base. Il riscontro ematico più comune nei gatti con ostruzione ureterale è l’azotemia, frequente anche nei quadri ostruttivi monolaterali; questo avviene quando i pazienti sono affetti da concomitante patologia renale cronica con funzionalità del rene controlaterale ridotta. Altre alterazioni emato-biochimiche sono anemia, iperfosfatemia, ipercalcemia o ipocalcemia ed iperkaliemia. Solitamente le urine sono isostenuriche ed all’esame del sedimento urinario si possono rilevare ematuria, piuria, batteriuria e cristalluria. In circa un terzo dei pazienti è infatti presente infezione delle vie urinarie ed è pertanto sempre indicata l’esecuzione di esame colturale. Uno step fondamentale per confermare la diagnosi sono le indagini di diagnostica per immagini. Con una radiografia addominale è possibile visualizzare calcoli radio-opachi o mineralizzazioni a carico delle vie urinarie superiori e inferiori, tuttavia, molti ureteroliti nel gatto sono di dimensioni inferiori al limite di rilevazione radiografico (2 mm) e non tutti i calcoli sono radio-opachi. L’ecografia addominale ha una buona sensibilità nella diagnosi di calcoli ureterali perché permette di valutare in maniera più precisa il calibro ed il decorso delle vie urinarie nonché l’aspetto del parenchima e le dimensioni renali, ma anch’essa presenta alcuni limiti. Per migliorare la sensibilità diagnostica è possibile associare all’ecografia, la procedura di pielografia anterograda che riesce ad identificare quadri ostruttivi completi e parziali ma risulta relativamente invasiva ed associata a possibili complicanze quali fuoriuscita del mezzo di contrasto, emorragie, lacerazioni delle pelvi renali o fuoriuscita di urina dal foro di ingresso. La TC può essere utilizzata per identificare ureteroliti non visibili alle indagini di primo livello ma l’iniezione di mezzo di contrasto è controindicata in pazienti con ridotta GFR e può contribuire al danno renale in corso.
In caso di ureterolitiasi è consigliato intraprendere inizialmente 24-48 ore di terapia medica con un’efficacia riportata di circa 8-13%. L’approccio medico comprende una fluidoterapia (per correggere lo stato di disidratazione e le alterazioni elettrolitiche) e l’impiego di diuretici osmotici come il mannitolo (per aumentare il volume delle urine escrete nel tentativo di far procedere il calcolo). L’utilizzo di tale approccio medico può predisporre allo sviluppo di ipervolemia e richiede pertanto una valutazione cardiologica preventiva e monitoraggi seriali della volemia. Talvolta vengono utilizzati anche farmaci alfa-antagonisti o altre molecole con azione miorilassante sulla muscolatura liscia, sebbene al momento non ci siano significative evidenze scientifiche che tali farmaci aumentino l’efficacia della terapia medica. Considerato che circa un terzo dei pazienti con ostruzione ureterale ha un’infezione delle vie urinarie, la terapia antibiotica è spesso indicata, soprattutto se il sospetto infettivo è supportato dal quadro ecografico. Nei pazienti ospedalizzati la terapia di supporto comprende inoltre analgesia, farmaci oressizzanti e posizionamento di sondini per nutrizione enterale nei ricoveri prolungati. In corso di patologie ostruttive non risolvibili con terapia medica o nei quadri refrattari è possibile optare per il trattamento chirurgico. La chirurgia può rivelarsi risolutiva ma è associata a possibile mortalità intraoperatoria e ad un tasso di complicanze post-operatorie fino al 30-40% (stenosi, edema, ri-ostruzione da ulteriori calcoli, mancata rimozione di piccoli ureteroliti, fuoriuscita di urina). Recentemente sono state proposte nuove opzioni interventistiche quali il posizionamento di stent ureterale e il posizionamento di SUB (Subcutaneous Ureteral Bypass); quest’ultimo in particolare sembra essere associato a minor mortalità perioperatoria ed ad un minor tasso di complicanze.
La prognosi è variabile e dipende dalla causa ostruttiva sottostante, dalla presenza di ostruzione monolaterale o bilaterale e dalle comorbidità del soggetto. Alcuni studi hanno correlato valori più alti di creatinina o la presenza di versamento retroperitoneale come possibili fattori prognostici negativi.
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