Negli ultimi quarant’anni, la terapia renale sostitutiva (RRT) si è diversificata in varie tecniche di purificazione ematica extracorporea, in grado di far fronte all’accumulo di tossine uremiche, a sovraccarico volumetrico, ad alterazioni elettrolitiche ed altri squilibri refrattari alla terapia convenzionale. Le modalità correntemente utilizzate sono l’emodialisi intermittente (IHD), la terapia sostitutiva renale continua (CRRT) e l’emodialisi peritoneale.
La dialisi intermittente e la terapia sostitutiva renale continua sono accomunate dall’impiego di una macchina dialitica e un circuito extracorporeo, dove avviene uno scambio di acqua e soluti tra il sangue del paziente e una soluzione artificiale detta dialisato attraverso una membrana porosa semipermeabile. Lo scambio dei soluti dal sangue al dialisato avviene prevalentemente secondo due principî: diffusione ed ultrafiltrazione. La dialisi intermittente (IHD) incorpora entrambi i principî ma sfrutta prevalentemente il processo diffusivo, e si svolge normalmente in sessioni da 3-6 ore giornaliere per una media di 3 volte a settimana. Tale metodica può tuttavia generare delle escursioni elettrolitiche scarsamente tollerate dai pazienti in condizioni critiche; per questo motivo, è possibile allungare le sessioni di dialisi intermittente fino a 8-12 ore giornaliere per ottenere una correzione più graduale delle alterazioni (dialisi intermittente prolungata o PIRRT). La terapia renale sostitutiva continua (CRRT) si basa prevalentemente sul processo di ultrafiltrazione, e determina una più lenta e graduale correzione della composizione e del volume ematico durante sessioni di quasi 24 ore. Questa modalità è meglio tollerata da pazienti emodinamicamente instabili. La dialisi peritoneale sfrutta invece il peritoneo come membrana semipermeabile, e il dialisato viene instillato direttamente nella cavità peritoneale del paziente. I soluti passano dal circolo ematico al dialisato il quale viene secondariamente drenato ed eliminato. Questa tecnica può essere sfruttata in pazienti in cui sia difficile ottenere un accesso vascolare, in pazienti di piccola taglia o in cui le altre modalità siano troppo rischiose.
E’ necessario formulare una prescrizione dialitica individuale che consideri la modalità di più adatta alle esigenze del paziente e più efficace nel trattamento della patologia; variabili quali la velocità di flusso ematico, il rate di ultrafiltrazione, la composizione del dialisato, la prescrizione anticoagulante e la durata del trattamento devono essere considerate e impostate. E’ necessario inserire un accesso vascolare di dimensioni sufficienti per permettere un flusso ematico di 5-10 ml/kg/h; al momento, lo standard in medicina veterinaria prevede il posizionamento di un catetere giugulare a doppio lume. I parametri tecnici procedurali sono impostati e controllati tramite monitor, e vengono eseguiti monitoraggi clinici e prelievi ematici seriali prima, durante e dopo il trattamento. Normalmente non è necessario eseguire la procedura in sedazione, ad eccezione di rari casi in cui l’aggressività del paziente non permetta la gestione di eventuali complicanze in modo rapido e sicuro.
La terapia dialitica è indicata nei casi di danno renale acuto (AKI) associato ad azotemia grave e creatinina sierica molto aumentata, oliguria o anuria, overload volumetrico o gravi squilibri elettrolitici (iperkalemia, ipernatremia, iponatremia) o acido-base refrattari alla terapia convenzionale. La dialisi può essere anche utilizzata a supporto di scompensi acuti della malattia renale cronica (CKD), nel trattamento delle intossicazioni acute da tossici o farmaci dializzabili (come ad esempio il glicole etilenico), sebbene la plasmaferesi e l’emoperfusione siano le metodiche di scelta per queste condizioni. La plasmaferesi e l’emoperfusione possono anche essere sfruttate nel trattamento di patologie immunomediate o iperprotidemia secondaria a neoplasia. E’ descritto infine l’utilizzo della dialisi nel trattamento dell’edema polmonare e dell’insufficienza cardiaca congestizia.
La prognosi varia in base alla patologia sottostante. I pazienti con danno renale acuto che non rispondono alla terapia convenzionale e necessitano di terapia dialitica hanno generalmente una prognosi scarsa, con un tasso di mortalità del 50-60%. L’outcome è migliore in caso di AKI secondaria a malattie infettive o metaboliche; sono stati riportati tassi di sopravvivenza dell’85% in cani con leptospirosi e del 70% in gatti con ostruzione ureterale sottoposti a terapia dialitica oltre alla terapia. Le intossicazioni acute da sostanze dializzabili hanno un’ottima prognosi se trattate rapidamente, ma l’outcome è comunque variabile in base al tossico e alla dose ingerita.