La sindrome narcolettica è una rara patologia caratterizzata da anomalie del ciclo sonno-veglia quali, eccessiva sonnolenza diurna, disturbi del sonno notturno, paralisi del sonno, allucinazioni e cataplessia. La cataplessia è il principale riscontro nella specie canina; gli attacchi ricorrenti di sonno, infatti, non sono solitamente ritenuti patologici da parte del proprietario e per questo meno indagati, mentre la paralisi del sonno e le allucinazioni, essendo dei fenomeni soggettivi, non sono facilmente determinabili negli animali. La cataplessia è definita come un’improvvisa perdita del tono muscolare che può coinvolgere l’intera muscolatura striata, oppure può interessare solo alcuni distretti muscolari, ad esempio la muscolatura del collo o degli arti posteriori. Spesso è indotta da stimoli emotivi, quali l’invito al gioco e la somministrazione di cibo. La coscienza è solitamente preservata all’inizio dell’episodio, ed anche gli occhi sono aperti; se l’attacco dura più di un minuto tuttavia, il paziente può addormentarsi. A differenza delle crisi epilettiche, la cataplessia non mai è associata ad incontinenza fecale o urinaria, ad eccessiva salivazione o a rigidità dei gruppi muscolari.
La cataplessia è stata segnalata in molte razze canine, ma solo nel Doberman Pinscher, nel Bassotto e nel Labrador Retriever è riconosciuta una componente genetica. Per questo motivo è giusto distinguere due forme di cataplessia nel cane: la forma familiare e la forma acquisita o sporadica. La forma familiare è una forma ereditaria di cataplessia, causata da una mutazione del gene Canarc. L’età d’insorgenza della cataplessia è variabile: nella forma acquisita sono colpiti prevalentemente cani adulti, mentre nella forma familiare la si riscontra già nei primi sei mesi di vita del cucciolo. Gli episodi sono tipicamente provocati da fattori eccitanti, quali l’offerta di cibo, di acqua o l’invito al gioco, ma possono anche verificarsi spontaneamente. La durata degli episodi può variare da pochi secondi a più di mezz’ora. Talvolta toccare il cane o emettere rumori forti può aiutare a portare a termine l’episodio.
La diagnosi si basa in prima istanza sul segnalamento, l’anamnesi ed i segni clinici riportati dai proprietari; inoltre, è importante escludere altri disturbi che potrebbero presentarsi in maniera simile, quali crisi epilettiche, episodi sincopali e disturbi di movimento. Il test più comunemente impiegato, a supporto dell’ipotesi diagnostica, è il “Food Elicited Cataplexy Test” (FECT), nel quale vengono disposti a breve distanza tra loro dieci porzioni di cibo attorno al paziente, il quale dovrà assumerli il più rapidamente possibile, senza presentare episodi cataplettici. Nel caso in cui il proprietario riporti più frequentemente gli episodi nel periodo di gioco, il test può essere modificato ed adattato al paziente. Esistono inoltre dei test farmacologici che possono aiutare nel provocare episodi cataplettici in pazienti predisposti. Infine, per la forma familiare è possibile richiedere il test genetico che vada a ricercare la mutazione del gene Canarc, mentre nella forma acquisita è possibile documentare una ridotta concentrazione di ipocretina nel liquido cerebrospinale.
La cataplessia non è attualmente una patologia curabile, tuttavia i segni clinici, qualora frequenti o interferenti con la qualità di vita del cane, possono essere trattati con alcuni farmaci antidepressivi. È importante ricordare tuttavia, che la cataplessia può presentarsi anche come segno clinico di una sottostante patologia cerebrale strutturale del tronco encefalico nel cane, la quale necessiterebbe di terapia specifica. La gravità dei segni clinici rimane comunque considerevolmente variabile da paziente a paziente, di conseguenza un trattamento farmacologico non è sempre necessario; in alcuni casi la patologia può addirittura migliorare e risolversi completamente con la crescita.
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